Villa Pallavicini

 

LETTERA APERTA AL SINDACO DI MILANO

Illustrissimo signor sindaco Beppe Sala, siamo insegnanti volontari della scuola di italiano per stranieri della Villa Pallavicini, che si trova in via Meucci, in fondo a via Padova, in zona Crescenzago (Milano). 

Da anni il nostro impegno nei confronti degli immigrati si nutre della convinzione che il nostro lavoro debba basarsi su due semplici parole: accoglienza e scambio. Quando, all'indomani del recente omicidio accaduto in piazzale Loreto, abbiamo sentito le parole del sindaco Beppe Sala che auspicava un intervento delle forze dell'esercito - "finisce il Giubileo, potrebbero venire nelle periferie, come via Padova" -, siamo rimasti sgomenti.

Di nuovo, una risposta che, malgrado il tono pacato della voce, riprendeva la solita logica dell'emergenza e richiamava l'intervento dell'esercito come panacea di tutti i mali. Eppure, Milano, secondo le statistiche, è una delle città più sicure d'Europa, dove criminalità e tasso di omicidi negli ultimi anni sono decisamente scesi. Quello che non è sceso è il diffuso degrado e abbandono che affligge le nostre periferie, dove poco o nulla si è fatto in questi anni e dove, inspiegabilmente, si sono lasciate prosperare e radicalizzare situazioni dì illegalità, ora divenute insostenibili per tutti. E questo con buona pace dei propositi espressi in tutte le campagne elettorali. Ciò detto, secondo noi, degrado e abbandono non si battono con le camionette dell'esercito.

Noi che lavoriamo da tanti anni in questa zona e vediamo centinaia di donne e uomini non italiani, desiderosi di apprendere la nostra lingua, di lavorare, di avere una casa e di inserirsi nella società in modo dignitoso, sappiamo che la risposta ai bisogni e al degrado non è un soldato in più.

Nella nostra scuola, gestita da volontari, i problemi sono di avere spazi, lavagne, libri, penne, quaderni. Quando a sera gli studenti escono dalla nostra sede e percorrono la via Padova, imbattersi in una camionetta non li rassicura, se mai evoca tristi scenari di distruzione vissuti nei loro Paesi dai quali sono fuggiti. Anche a molti italiani le camionette non piacciono, suscitano la sgradevole sensazione di trovarsi in un clima di allarme e di pericolo.

Nei nostri corsi di italiano ogni giorno incontriamo persone intelligenti, acculturate e preparate le cui competenze potrebbero costituire per il nostro Paese una ricchezza, oggi sono persone abbruttite progressivamente dalla frustrazione e da una vita di stenti. Alle loro spalle hanno storie difficili, drammatiche, minori arrivati da soli dopo giorni di gommone, giovani e donne traumatizzati, in fuga da violenze che tutti possono immaginare. Nessuna di queste persone voleva andarsene dal proprio Paese e poiché il fenomeno è inarrestabile e la soluzione non si troverà brevemente, occorre pensare a soluzioni che facciano vivere in modo accettabile e dignitoso tutti, vecchi e nuovi abitanti delle trascurate periferie delle metropoli. L'integrazione, la convivenza civile, la prevenzione dei crimini e un territorio "pulito" dove tutti possano vivere rispettandosi e senza paure, si costruiscono con lo scambio, la comunicazione, la cultura, la possibilità di parlare la stessa lingua. E' un percorso lungo, forse, anche lento, ma che darà frutti importanti per tutti, italiani e non italiani.

Invitiamo il sindaco a venirci a trovare (durante lelezioni o i corsi oppure alla festa di Natale il prossimo mese), ci piacerebbe che potesse vedere e toccare con mano che cosa si fa ogni mattina e sera nella nostra scuola come in molti altri luoghi di questa lunga via Padova,
ricca di risorse, associazioni, volontari e persone che lavorano per renderla migliore. È ora di farsi veramente carico di via Padova (e delle periferie in generale) per cambiare il paesaggio di questi luoghi, per farlo diventare un esempio di convivenza pacifica e dignitosa. Cominciamo col tenerla più pulita, mettendo cartelli in lingue diverse, organizzando iniziative culturali, coinvolgendo la cittadinanza, potenziando i luoghi che già fanno pratica di integrazione.

 

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